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Saymine: a chi abbiamo lasciato i nostri dati personali?

Una cosa è certa: i nostri dati sono il petrolio del XXI secolo.

Per molto tempo abbiamo sottostimato (e forse tendiamo a farlo ancora oggi) gli effetti e i rischi del web, nel quale i grandi gestori delle piattaforme come Google e Facebook (ora Meta) hanno scritto le regole, promuovendo un processo inarrestabile di acquisizioni e concentrazioni di dati personali.

Così facendo abbiamo permesso loro di orientare i comportamenti di diversi miliardi di persone non solo nei consumi, ma anche nella più generale visione sociale e culturale.

E – come disse l’ex Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro nell’oramai lontano 2017 – essi “hanno guadagnato uno straordinario potere economico, per il ruolo di intermediari sempre più esclusivi tra produttori e consumatori e per le implicazioni che le tecnologie data intensive, l’intelligenza artificiale, la big data analytics hanno sulla dinamica dei mercati, al crocevia tra economia dell’informazione e della condivisione“.

L’enorme mole di informazioni sulle persone raccolti e conservati da tutti questi attori sono davvero il petrolio digitale del XXI secolo e una regolamentazione alla raccolta e gestione di questo nuovo oro nero si è resa obbligatoria e ha preso forma nel 2016 con il Regolamento europeo sulla privacy (il cosiddetto GDPR).

Ma forse non è sufficiente. Infatti, grazie ad uno studio condotto da Kaspersky Lab, si è scoperto che in Europa la perdita di controllo sui propri dati personali è qualcosa che riguarda la maggior parte delle persone, mostrando che il 48% delle persone coinvolte dallo studio non conosce tutti i luoghi del web nei quali i loro dati personali sono stati archiviati.

 

A chi ho lasciato i miei dati personali?

Alla progressiva riduzione degli spazi di libertà ed intimità individuale, è quindi necessario riacquisire la piena consapevolezza sui nostri dati.

Un utile strumento che può esserci d’aiuto risulta essere “Mine” (www.saymine.com), una startup israeliana che si propone di aiutarci a trovare tutti i servizi web a cui abbiamo lasciato le nostre informazioni nel tempo. Per farlo utilizza un sistema di intelligenza artificiale, che legge la nostra posta in arrivo e individua le e-mail di iscrizione ai vari servizi web, a cui successivamente chiede la cancellazione dei dati.

Per attivare il processo è necessario cliccare sul pulsante Get started iscriversi via Google o Microsoft, in modo che l’algoritmo possa scandagliare la nostra e-mail su uno dei due provider.

“Mine” scava tra le tutte le nostre e-mail, anche quelle sepolte nell’archivio, e trova servizi a cui spesso e volentieri avevamo dimenticato di esserci iscritti. Ad analisi terminata, “Mine” mostra l’elenco delle aziende che possiedono le nostre informazioni personali e si propone di inviare loro un messaggio di posta elettronica per chiederne la cancellazione. Per attivare questo processo basta cliccare su Take quick action, scegliere uno a uno i servizi e i siti dai quali vogliamo togliere i nostri dati e cliccare su Let’s reclaim.

Detto ciò, è bene tenere a mente che – per sfruttare questo tipo di servizio – bisogna comunicare i propri dati personali al sito web di “Mine”, che si promette di mettere la trasparenza e l’affidabilità del suo servizio sempre al primo posto, garantendo di utilizzare appropriate misure di sicurezza e di raccogliere solamente i dati necessari al perseguimento delle finalità.

Viene spontaneo chiedersi, dunque, se possiamo fidarci di questa (quasi) nuova start-up. Tuttavia, dopo aver lasciato (a volte anche inconsciamente) i nostri dati a una quantità abnorme di siti web, non sarà certo il fornire le nostre informazioni a saymine.com a fare la differenza.

Provatelo. Rimarrete sorpresi.

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