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Cancellazione di dati personali: attenzione!

Facebook è stata condannata a pagare 14mila euro di risarcimento per il danno subito dall’utente cancellato (essendo Facebook “strumento di proiezione della propria identità personale”).

 

Il fatto: la cancellazione del profilo Facebook

La vicenda ha inizio nel gennaio 2020, quando un avvocato appassionato di collezionismo e militaria ha perso, da un giorno all’altro, tutti i contenuti, informazioni e relazioni intessute tramite il proprio profilo Facebook e due pagine ad esso collegate, siccome il social network ha cancellato arbitrariamente il suo account e tutti i dati a esso inerenti, senza prevedere la possibilità di ripristinare l’account o recuperare i dati persi.

Infatti, così come previsto delle Condizioni d’uso di Facebook, la rimozione di contenuti e la sospensione o cancellazione di account è prevista soltanto per le giuste cause indicate nel regolamento contrattuale, con obbligazione per il gestore di informare l’utente delle ragioni della rimozione. Ne consegue che la rimozione di un profilo personale o di una pagina a esso collegata in carenza di qualsiasi violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente, e in carenza di qualsiasi informazione all’utente delle ragioni della rimozione, configura un inadempimento del gestore.

Il Tribunale di Bologna, pertanto, ha quantificato il danno subito dall’interessato in 10.000 euro per il profilo personale e 2.000 euro per ciascuna pagina cancellata.

 

Il profilo digitale è una proiezione della propria identità

L’ordinanza del Tribunale di Bologna ha evidenziato ancora una volta l’importanza sempre maggiore dell’identità digitale degli individui. Come ormai noto, per mezzo del web e dei social network è oggi possibile creare una fitta rete di relazioni sociali, costruendo una sorta di vita parallela a quella “reale”, valicando ogni limite fisico e temporale.

Quanto accaduto non fa che riaprire il dibattito legato alla corrispondenza o difformità tra vita “reale” e vita sul web: fino a che punto la tutela di un profilo digitale può essere ricondotta a quella tradizionalmente garantita all’identità personale? Nel caso in esame, il Tribunale di Bologna ha quantificato un danno grave, anche irreparabile, alla vita di relazione, alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente, la quale come noto viene oggi costruita e rinforzata anche sulle reti sociali.

Non si può che condividere la tesi che impedire a un soggetto di frequentare alcuni social network configuri una limitazione importante alla sua possibilità di coltivare relazioni interpersonali, ancora di più nel contesto pandemico attuale che ha imposto e tuttora impone alla collettività l’isolamento fisico.

 

Conclusioni

Le relazioni instaurate online, come insegna l’ordinanza del Tribunale di Bologna, hanno certamente assunto un ruolo essenziale nella quotidianità degli individui. Pertanto, impedire l’accesso a uno spazio sociale sul web può essere causa di danni piuttosto ingenti all’interessato, tanto da legittimarne la richiesta di risarcimento.

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